IL GIUBILEO
LE ORIGINI
La grande opera costruita dalla fede ebraica nell'Antico Testamento è l'architettura
del tempo: ben più che allo spazio, e allo spazio sacro, al Tempio, l'attenzione di
Israele si è rivolta al tempo e al suo ordinamento, alla luce della signoria di Dio sulla
creazione e sulla storia.
La Sacra Scrittura afferma che la santità primordiale del mondo era la santità
del tempo, del sabato (Gen. 2,3), mentre la santità dello spazio (neppure comandata nel
Decalogo) fu successiva: solo dopo il peccato di idolatria del vitello d'oro fu ordinata
la costruzione del tabernacolo e la santificazione dello spazio. E se il tempo fu
santificato da Dio ("Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò", Gen.
2,3), lo spazio (il Tabernacolo) fu santificato da Mosè (Nm 7,1).
E' all'interno di quest'opera di "distinzione" del tempo che si situa l'anno
giubilare. Il testo principale che ne parla (Lv 25,8-55) lo lega all'anno sabbatico (Lv
25,1-7) che, a sua volta, rinvia al sabato e alla sua teologia (Lv 25,2-4). Il sabato,
secondo il racconto sacerdotale della Creazione (Gen. 1,1-2,4a), è il settimo giorno, il
giorno in cui Dio cessa di lavorare, il giorno che porta a compimento e finalizza i sei
giorni dell'attività creatrice di Dio: "Il cielo e la terra furono portati a
compimento. Dio portò a compimento nel settimo giorno il lavoro che aveva fatto e cessò
nel settimo giorno da ogni lavoro che, creando, aveva fatto. Dio benedisse il settimo
giorno e lo santificò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli, creando,
aveva fatto" (Gen. 2,1-3).
Il sabato è il giorno diverso per eccellenza, il giorno altro, il giorno che dà il senso
a tutti gli altri giorni: in esso la creazione trova il suo limite, la sua finitezza, ma
anche il suo senso, la sua finalità. Essendo infatti il giorno benedetto e santificato,
esso è come una dimora di Dio nel tempo, è l'occasione e il memoriale di ciò a cui
l'uomo è destinato: la comunione con Dio.
poiché Dio ha cessato di lavorare in
quel giorno, anche l'uomo santificherà il sabato astenendosi dal lavorare. Egli
dichiarerà così che il Signore, non l'uomo, manda avanti il mondo; che il mondo è dono
di Dio, non opera delle mani dell'uomo; che la gratuità, non il possesso, è il segreto
del rapporto con il mondo.
Ma al "sabato della settimana" si aggiunge "il sabato dell'anno"
(cioè la festa di Jom Kippur secondo Lv 23,32), la grande festa dell'espiazione e
della remissione dei peccati, quindi l'anno sabbatico (Lv 25,1-7), cioè il settimo
anno che, dopo sei anni di lavoro, doveva essere di inattività e di riposo per la terra,
e infine si giunge al sabato degli anni sabbatici, cioè il "Giubileo"
(Lv 25,8-55), ovvero il cinquantesimo dopo sette serie di sette anni sabbatici. Poiché
era proclamato con il suono dello jobel, "corno d'ariete", esso prese
nome di "anno dello jobel" (Lv 25, 13.28.40.50.52.54), cioè "anno
del Giubileo", "anno giubilare", "Giubileo". In realtà la Bibbia
conosce anche un altro termine che rende molto meglio il senso profondo di questa
istituzione: è il termine deror (Lv 25,10; Is 61,1) che significa
"liberazione", "remissione", "reintegrazione". Esso infatti
prescrive la liberazione degli schiavi, il riscatto delle proprietà e delle persone, e
inoltre è connesso alla festa dell'espiazione (Jom Kippur): "Conterai sette
settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane faranno un periodo
di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese (il mese di Tishri
corrispondente al periodo di settembre-ottobre; è appunto il giorno di Kippur)
farai squillare la tromba dell'acclamazione; nel giorno dell'espiazione farete squillare
la tromba per tutto il paese. Santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la
liberazione (deror) nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un Giubileo
(jobel)" (Lv 25,8-10). "Liberazione" e "remissione"
sono dunque i significati fondamentali del Giubileo.
esso pone il principio del non per sempre: lo schiavo ebreo non sarà
schiavo per sempre, ma fino al Giubileo (Lv 25,40).
il passato non fissa in
modo definitivo una situazione, ma vi è ancora una possibilità di futuro nella libertà
il Giubileo afferma la fine delle strutture di alienazione e di asservimento
dell'uomo a un altro uomo. Non queste possono avere l'ultima parola, ma la libertà
dell'uomo di cui il Giubileo è restauratore.
"La terra non si potrà vendere per sempre, perché la terra è mia e
voi siete presso di me come forestieri e inquilini" (Lv 25,23).
Questa apertura al futuro che il Giubileo attua è particolarmente evidenziata
dalla sua collocazione nel contesto del giorno di Kippur, il giorno della
remissione dei peccati. Neppure il peccato ha l'ultima parola nella vita, ma la
misericordia di Dio capace di perdonare e rimettere il peccato.
Possiamo dire che il Giubileo è santificazione del tempo, perché è orientamento
del tempo al suo senso proprio. E questo senso è coglibile nella gratuità che nasce
dall'esperienza del mondo e della vita come dono.
il senso stesso del tempo è, potremmo dire, il Regno di Dio. Il Regno di Dio è il
senso e la destinazione del tempo e della storia. In Cristo che fa opera di remissione dei
peccati viene annunciato il Regno di Dio ormai presente tra gli uomini, in un uomo
preciso.
(Enzo Bianchi, La Festa del Tempo, in Luoghi dell'Infinito, n. 26, gennaio
2000)
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