IL GIUBILEO
IL SIGNIFICATO
Mentre ormai si avvicina il terzo millennio della nuova era, il
pensiero va spontaneamente alle parole dell'apostolo Paolo: "Quando venne la
pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna (Paolo, Galati, 4,4)"
(Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente).
Il Duemila - traguardo suggestivo ed emozionante nella corsa degli anni
e dei secoli - viene a noi con l'offerta di molte tematiche e di varie sollecitazioni,
tutte meritevoli di attenzione e di ascolto.
In particolare è doveroso, sotto il profilo spirituale, lasciarsi coinvolgere intimamente
dall'evento del Giubileo - il più solenne che sia mai stato celebrato dalla cristianità
- con la sua energica proposta di conversione, di dialogo con tutti, di pace cosmica.
In tanta ricchezza di argomenti e di prospettive non è però improbabile e remoto il
rischio che nelle coscienze non trovi giusto ed efficace risalto un convincimento che di
sua natura è preliminare a ogni altra considerazione, e perciò possiede una rilevanza
primaria e ineludibile: la persuasione lucidamente consapevole che si tratti del
duemillesimo anniversario della nascita di Gesù di Nazareth.
Gesù è un caso assolutamente singolare: nessuno più di lui ha segnato la storia umana.
Sicché la ricorrenza bimillenaria, nel suo significato originario e proprio, non può
essere disattesa da alcuno, indipendentemente dalle appartenenze etniche, religiose,
culturali.
Per noi poi che osiamo dirci cristiani - cioè di Cristo, "suoi" nel senso più
intenso del termine - questo compleanno ha un interesse e una ragione di gioia senza
confronti. Noi sappiamo, crediamo e proclamiamo che lui è il solo vero Maestro, l'unico
necessario Salvatore di tutti, il Capo vitale dell'umanità redenta e rinnovata,
l'Unigenito del Padre che ci dà "potere di diventare figli di Dio" (cf. Gv
1,13). Per noi credenti dunque sarebbe imperdonabile se il Duemila - con tutto il suo
tripudio e la sua confusione - trascorresse nella dimenticanza o nella scarsa memoria del
Festeggiato.
Ma anche per quanti non credono - o credono di non credere - sarebbe incongruo che lo
straordinario appuntamento non apportasse una conoscenza più adeguata e più seria della
figura di Cristo, dalla cui comparsa sulla terra praticamente tutti nel nostro mondo
(credenti e non credenti) enumerano per abitudine la serie degli anni.
(Card. Giacomo Biffi, L'anno 2000, identikit del Festeggiato, Elledici, dic. 1999)
Approfondire l'avvenimento dell'Incarnazione è la strada sicura per
comprendere tutte le dimensioni del Giubileo nella storia degli uomini, recuperando tutta
la ricchezza della tradizione giudaica nella quale Jahve ha preparato la pienezza dei
tempi.
(Gerolamo Castiglioni)
"Quindi giunsero, in un momento predeterminato, un momento nel
tempo e del tempo,
Un momento non fuori del tempo, ma nel tempo, in ciò che noi chiamiamo storia:
sezionando, bisecando il mondo del tempo
Un momento del tempo, ma il tempo fu creato attraverso quel momento: poiché senza
significato non c'è tempo, e quel momento di tempo diede il significato."
Le parole di T.S. Eliot, tratte dai Cori da "La Rocca" ci aiutano ad entrare
nell'avvenimento del Grande Giubileo che fa memoria dell'istante in cui il Mistero che fa
tutte le cose si è fatto carne, duemila anni fa, in un paese sperduto della Galilea, nel
grembo di una giovane ebrea, Maria di Nazareth.
L'incontro cristiano è con una
realtà di tempo e di spazio, con qualcosa di visibile, di tangibile, di udibile - come
disse Giovanni Paolo II -, in cui Dio fatto uomo è presente. L'incontro è con una
realtà integralmente umana.
Dire al mondo che "il Verbo si è fatto carne e
abita in mezzo a noi" è per noi l'unica risposta ragionevolmente vivente al cinismo
e al nichilismo dominanti: non oblitera gli errori umani - ciò che il cristianesimo
chiama peccato -, ma rialza l'uomo caduto e lo fa camminare nella storia, come dice ancora
Eliot:
"Quindi sembrò che gli uomini dovessero procedere dalla luce alla luce, nella
luce del Verbo,
Attraverso la Passione e il Sacrificio salvati a dispetto del loro essere negativo;
Bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo
furono prima,
Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via
illuminata dalla luce;
Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando, eppure mai seguendo
un'altra via."
Nel suo drammatico cammino il cristiano vive momenti di dolore, di fatica, di
umiliazione e di festa, cioè di gioia. Il cristiano vive una speranza certa come sulla
soglia del compimento. Questo il Giubileo esemplifica in momenti estremamente
significativi. Duemila anni di questa storia non sono certo un fatto trascurabile".
(Don Giussani, Perché avrà senso essere lì in quell'ora, Avvenire, 12 settembre
1997)
"Quindi Giubileo è desiderio di approfondimento della nostra
fede, è volontà decisa di mettere in discussione noi, che pur ereditiamo la storia di
Chiesa di duemila anni, per poterci proiettare nel terzo millennio. Giubileo è volontà
decisa di ricercare la nostra identità di cristiani e di uomini. Giubileo è lo sforzo
che facciamo tutti noi di accompagnare la Chiesa nel mondo intero a varcare la soglia di
questa speranza di un mondo più giusto, più sano, più vero, e quindi più cristiano. E'
la Chiesa stessa che ci invita, direi, è il bisogno stesso del nostro essere cristiani
che ci impone di convertirci, di purificarci.
Bisogna che ognuno di noi per un
momento si fermi, faccia una sosta e si domandi: da dove vengo, dove vado, cosa ho davanti
ai miei occhi, cosa si presenta davanti alla mia vita?
(Mons. Crescenzio Sepe, Meeting per l'amicizia fra i popoli, 26 agosto 1999)
"
e come tutta la vita del corpo è l'anima, così la vita
felice dell'anima è Dio. E fintantoché compiamo quest'opera, fino a che non la
completiamo, siamo in viaggio."
(Sant'Agostino, Il libero arbitrio, II,16,41)
"E dinanzi a te sta ogni mio desiderio. Non dinanzi agli uomini,
che non possono vedere il cuore, ma dinanzi a te sta ogni mio desiderio. Sia dinanzi a Lui
il tuo desiderio; ed il Padre che vede nel segreto, lo esaudirà. Il tuo desiderio è la
tua preghiera; se continuo è il tuo desiderio, continua è pure la tua preghiera.
L'Apostolo infatti non a caso afferma: "pregate incessantemente" (1 Ts 5,17).
S'intende forse che dobbiamo stare continuamente in ginocchio, o prostrati, o con le mani
alzate per obbedire al comando di pregare incessantemente? Se intendiamo così il pregare,
ritengo che non possiamo farlo senza interruzione. Ma v'è un'altra preghiera, quella
interiore, che è senza interruzione, ed è il desiderio. Qualunque cosa tu faccia, se
desideri quel Sabato (che è il riposo di Dio) non smetti mai di pregare. Se non vuoi
interrompere di pregare, non smettere di desiderare. Il tuo desiderio continuo sarà la
tua continua preghiera. Tacerai se cesserai di amare
Il gelo della carità è il
silenzio del cuore; l'ardore della carità è il grido del cuore. Se sempre permane la
carità, tu sempre gridi; se sempre gridi, sempre desideri; e se desideri ti ricordi della
pace".
(Sant'Agostino, Commento ai Salmi 73,14)
"10. C'è un rischio, molto più incombente e ravvicinato; ed è
che la gente celebri con grande emozione il traguardo del 2000, ma senza aver più la
coscienza né dell'origine di questa numerazione, né del suo irrinunciabile significato:
un'emozione e uno slancio senza destinatari, un'emozione e uno slancio verso il niente. Il
2000 è una data cristiana: una volta che fosse del tutto laicizzata nella mentalità
dominante, insipidirebbe fino all'insulsaggine.
11. Giovanni Paolo II è ben consapevole di questo fondamentale pericolo. Perciò la sua
riflessione è integralmente tesa a collocare Gesù di Nazareth - il festeggiato
per il suo duemillesimo compleanno - al centro di tutto il discorso.
L'attenzione al fatto dell'Incarnazione redentrice e alla persona di Cristo - il quale è
la sintesi, il fondamento, il principio dinamico di ogni valore - deve tornare al
primo posto in ogni nostra visione della realtà.
Noi dobbiamo insegnare senza ambiguità e senza paura la singolarità di Cristo e
l'assoluta irriducibilità del cristianesimo.
I luoghi comuni che propongono l'interscambiabilità e la relatività di tutte le
religioni non toccano e non chiamano in causa il cristianesimo, il quale, primariamente e
per sé, non è una religione né una ideologia né una cultura né una morale né una
liturgia. Primariamente e per sé è un fatto, anche se è un fatto che implica e
contiene delle concezioni religiose, delle norme etiche e dei riti propri. E in quanto fatto
è imparagonabile con quelli che si presentano soltanto come culti o come dottrine.
(Giacomo Biffi, Christus hodie, 1995)
"Dio opera con i suoi in modo tale che essi abbiano sempre
qualcosa di cui essere perdonati."
(Ticonio, Sette Regole per la Scrittura, Regola 3)
"
quanto alla vita, che è degna di questo nome, così che
si chiami vita, non si tratta che della vita felice; e non è felice se non è eterna.
Questa vogliono tutti, questa vogliamo tutti: la verità e la vita; ma per dove si giunge
ad un possesso di così grande valore, ad una così grande felicità? I filosofi
costruirono vie di errore; alcuni dissero: "Per di qua"; altri: "Non per di
qua ma per di là". Si tenne nascosta a loro la via, perché Dio resiste ai superbi.
Sarebbe nascosta anche a noi se non fosse venuta a noi. Per questo il Signore: "Io -
disse - sono la via". Cercavi dove giungere: "Io sono la verità e la
vita". Non finirai nell'errore se andrai a lui per mezzo di lui. Questa è la
dottrina dei cristiani, da non porre affatto a confronto, ma da preferirsi senza paragoni
alle dottrine dei filosofi,
".
(Sant'Agostino, Sermone 150,8,10)
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